La “ghiblizzazione” delle foto: una moda che ci costa troppo

maschera e volto

Negli ultimi tempi, molti sui social network stanno trasformando le proprie foto in versioni stilizzate che sembrano uscite dai film dello Studio Ghibli. Questa tendenza, che possiamo definire “ghiblizzazione”, è resa possibile da app come ToonArt o ToonMe. Sebbene possa sembrare una moda innocente, nasconde un lato meno visibile: il suo impatto ambientale, il consumo di energia e le implicazioni per la nostra privacy.

1. Il consumo energetico dietro la “ghiblizzazione”

Quando carichiamo una foto su una di queste app, il processo che sta dietro alla trasformazione richiede potenza computazionale. Le immagini vengono elaborate su server remoti che utilizzano GPU (unità di elaborazione grafica) ad alte prestazioni. Ogni singola trasformazione consuma energia, e anche se il singolo consumo sembra piccolo (circa 100 watt per richiesta), moltiplicato per milioni di utenti, l’impatto diventa significativo.

Per esempio, se immaginate un milione di richieste giornaliere, il consumo energetico totale è di circa 100 kWh al giorno, con un impatto annuale che equivale a 9.125 kg di CO2. Una cifra che, seppur sembra marginale per ogni singolo utente, cresce rapidamente se pensiamo alla scala globale di questa moda.

2. L’impatto ambientale: la CO2 che non vediamo

L’energia utilizzata per queste operazioni non è neutra. La maggior parte proviene da fonti non rinnovabili, come il gas e il carbone, con un evidente impatto sull’ambiente. Ogni singola foto “ghiblizzata” contribuisce, anche se in piccola parte, al cambiamento climatico. È una piccola azione che, però, ripetuta milioni di volte al giorno, ha un costo ambientale notevole.

Se tutti i milioni di utenti che partecipano a questa tendenza ogni giorno riflettessero sul consumo energetico che ne deriva, forse sarebbero più cauti nel partecipare a mode che non sono senza conseguenze.

3. L’aspetto sociale: un riflesso delle tematiche pirandelliane

Questa tendenza alla “ghiblizzazione” delle foto mi fa pensare alle tematiche pirandelliane, in particolare alla riflessione sull’identità e sul contrasto tra l’apparenza e la realtà. Pirandello, nei suoi lavori, esplora come l’individuo possa sentirsi costretto a vivere dietro una “maschera”, mostrando agli altri una versione idealizzata di sé, mentre la vera natura dell’individuo rimane nascosta.

Nel caso della “ghiblizzazione”, le persone si rifugiano in una maschera digitale che trasforma il loro volto in una versione perfetta, stilizzata, lontana da chi sono veramente. Così come Pirandello metteva in luce il conflitto tra il nostro io reale e quello che siamo costretti a mostrare al mondo, questa moda dei social network esprime un desiderio di apparire, di adattarsi a un ideale che non corrisponde alla nostra realtà.

In questo contesto, l’immagine digitale che proiettiamo è spesso una facciata, una costruzione artificiale, proprio come quelle maschere pirandelliane che indossiamo per far fronte alla società.

4. La privacy e i dati biometrici: un rischio nascosto

Un altro aspetto fondamentale è la privacy. Molte delle app che permettono di trasformare le immagini utilizzano il riconoscimento facciale per applicare i filtri. Questo significa che le tue immagini, e quindi i tuoi dati biometrici, potrebbero essere utilizzati senza che tu ne sia pienamente consapevole. L’uso dei dati facciali per sbloccare dispositivi o accedere a conti bancari è ormai comune, ma molte applicazioni potrebbero raccogliere e immagazzinare questi dati senza un adeguato livello di protezione.

In un’epoca in cui la sicurezza dei dati è sempre più a rischio, è fondamentale riflettere su come e dove vengono archiviati i nostri dati biometrici, e su quali rischi ci sono quando carichiamo foto online.

5. Conclusione: cosa ci lascia questa moda?

La “ghiblizzazione” delle foto può sembrare un gioco innocente, ma dietro la sua apparente leggerezza si nascondono impatti reali e importanti. Dal consumo di energia alle emissioni di CO2, fino alla perdita di autenticità e ai rischi per la nostra privacy, partecipare a questa moda ha un costo che dovremmo considerare con maggiore consapevolezza.

In un mondo sempre più digitale, dove ogni click ha delle implicazioni, forse è il momento di fermarsi a riflettere: quanto vale veramente una foto trasformata in stile Ghibli, rispetto a quello che stiamo pagando, in termini ambientali, sociali e di privacy? E, soprattutto, quanto è autentica la nostra immagine, se la “maschera digitale” ha preso il sopravvento sul nostro vero volto? L.L.